In una mano l`ombrello per proteggersi dal cielo grigio e permaloso, sotto braccio um thermos di acqua calda e nell`altra mano uno strano biccchiere: il porongo, ricavato da una piccola zucca svuotata. Vuoi venire con noi per un mate? Mi domanda Florencia in compagnia dei suoi amici. Ci sediamo sul prato nel parco. Lei riempie il porongo di yerba mate, posiziona una cannuccia di acciaio nel centro, che mi dice chiamarsi bombilla e versa acqua calda in infusione. Siamo seduti in cerchio e questo unico mate per tutti che passa di mano in mano é la scusa perfetta per farsi compagnia. Io sono felice di partecipare a questo rituale sud americano.
Mi ritorna in mente una tavola bassa a Kyoto dove l`educato padrone di casa ci offriva Sake. Poi i pensieri sono volati in Nepal dove vicino a un santuario buddista una dolce signora preparava il Chai, un té nero forte con latte di mucca e cannella.
Sorrido pensando a Marco in Uzbekistan mentre beveva con Igor e amici russi bicchierini di Vodka alle tre del pomeriggio, vodka di benvenuto, vodka medicinale. Mi arriva poi alle narici il profumo dell`ultimo caffé bevuto in Italia e l´odore di mosto di un malbec cileno stappato sulla Cordigliera Andina. Gli amici uruguagi mi riportano fra loro, ho di nuovo il mate in mano, Florencia mi versa l´acqua e mi racconta una storia. Io sorseggio questa bibita calda e amara con lo stesso entusiasmo con cui bevevo una Corona ghiacciata ad Acapulco o il Té Verde nelle teerie di Pechino. Sento la cultura autoctona scaldarmi il petto. Bevendo il mate mi idrato di Uruguay, lo vivo e ne capisco una parte preziosa, fatta di condivisione, di lentezza e parole sobrie.
Li ringrazio, salgo in sella e passo la frontiera brasiliana. Poca strada e un signore mi mette giá in mano una Caipiriña. Credo incominci a narrarmi una storia. Io ti ascolto mentre ti bevo, Mondo.