Makoua, nel cuore del Congo Brazzaville. Da lì, puntando nord si attraversa la foresta equatoriale che porta fino in Camerun. Dopo una settimana di bici senza incontrare neanche un bianco, eccone uno che dal suo motorino ci grida sorridente ‘Mundele!!’, cioè ‘uomo bianco’. Così conosciamo Luigi, parmigiano dall’inconfondibile erre moscia, da dieci anni missionario laico in questo sperduto angolo di Africa.
Ci accoglie calorosamente e ci mostra il suo mondo, la sua Makoua. È lui che pazientemente ci introduce alle tradizioni e consuetudini del posto, e per noi è come un’introduzione all’Africa Centrale, questa parte di continente a noi ancora sconosciuta.
Ci invita a pranzo, e davanti ad un ottimo bouillon di pesce e patate preparato da lui, ci racconta la sua bellissima storia, gli avvenimenti che l’hanno portato da Parma al Congo, e le ragioni per cui si è innamorato di questa terra e delle sue genti.
Il pomeriggio, dopo aver fatto il bagno in uno splendido fiume immerso nella foresta, ci porta da una maman a prendere il gelato: una specie di ghiacciolo allo zenzero dentro una bustina di plastica.
Ma quando facciamo per raccogliere la nostra immondizia, lui ci ferma. ‘No! Non è rispettoso, le cartacce si lasciano per terra. Togliendo i segni del vostro passaggio, è come se le auguraste di non ricevere più ospiti o clienti.’ Increduli, ascoltiamo il suo monito, e riprendiamo il tour guidato del paesino.
Passiamo da un’altra amica di Luigi, alla quale lascia un po’ di soldi per preparare una cena di comunità.
La sera quando arriviamo è già pronto un ottimo trois pièces, cioè un piatto di tre ingredienti: pesce affumicato in una salsa di foglie di manioca e arachidi, e manioca bollita che serve da pane.
Ci sono due famiglie riunite, uno stuolo di bambini e ragazzi, ma solo un tavolino con quattro sedie. Allora Gigi risponde ai nostri sguardi interrogativi: ‘prima mangiano gli uomini, e poi le donne e i bambini. È la tradizione. Ma non vi preoccupate, c’è cibo per tutti!’ Noi siamo in soggezione a mangiare davanti a tutti quegli occhi, poi la fame vince. Ed il piatto è squisito.
Storie, aneddoti e gran risate quando il nostro ospite ci traduce dal Lingala all’italiano le vicissitudini della famiglia e le leggende del Congo.
Ringraziamo i nostri ospiti e torniamo verso l’albergo. Quando raccontiamo a Luigi il nostro itinerario dentro la foresta, ci spiega che non troveremo alberghi per alcuni giorni, ma ci dice di stare tranquilli.
‘i villaggi che incontrerete saranno felici di ospitarvi. Dovrete sempre chiedere del capo villaggio, sarà lui a darvi indicazioni ‘
E così termina la nostra visita a Makoua, che senza il nostro connazionale non ci avrebbe aperto le sue porte tanto in fretta. Ed è proprio l’incontro con Luigi a confermarci che conoscere le tradizioni e le consuetudini di un luogo è come fare un viaggio dentro al viaggio.
O meglio, che quelle sono fondamentali per farci capire veramente il viaggio, il paese e la sua gente, e per farci togliere i nostri occhiali oscurati di presuntuosa ignoranza.