Nel mezzo del deserto australiano, poco meno di un anno fa, incontrammo un signore. Voglio dire, non è che ne incontrammo solamente uno, ma lui, pur breve sia stata la durata della conversazione, di sicuro lo ricorderò per qualche tempo. Un vacanziero aussie con un fuori strada 4×4 e il tipico rimorchio che si trasforma in tenda che tanto amano gli australiani. Ci si avvicina e riconosce noi e le biciclette, di sicuro ci aveva superato qualche ora prima. Siamo a cinquecento chilometri da qualsiasi centro abitato. L’uomo ci guarda, ci studia qualche secondo e ancor prima di salutarci: “You are idiots!” ci dice apertamente, e seriamente. Non ricordo il suo nome e nemmeno ricordo il nome della località in cui ci trovavamo ma la sua figura mi è ben chiara con quel volto arrossato dal sole e dal vino.
Ogni salita, ogni ripida montagna, sotto il sole che brucia testa e capelli, quando il sudore mi sgocciola dal mento e dai gomiti, nel pieno di un temporale monsonico, provo sempre a portare i miei pensieri ad imprese eroiche di qualche sportivo o di qualche guerriero. Poi però mi viene in mente una cena con gli amici, l’ultima remota serata in discoteca, il bacio caldo di una donna, un letto morbido morbido, la doccia calda di casa e il sangiovese. E proprio allora, alla fine dei miei viaggi mentali, compare il faccione dell’australiano che dice quella frase: “You are idiots”.
Tutto sporco, i pantaloni rappezzati, le magliette scolorite dal tempo, l’odore dell’asfalto sulla pelle, il materassino bucato e nella tenda sgocciola la pioggia. Quel signore aveva ragione. Sono un idiota.