Ventisei mesi a camminare su strade che non sono mie, entrando a casa di altri, bevendo birra in locali dove mai diventerò un abituale cliente, solo talvolta in intimità coi luoghi; una condizione di continua non familiarità in cui tutti attorno parlano lingue sconosciute e sempre nuove di cui percepisco appena le differenze ad ogni passaggio di frontiera. A volte sono stanco e allora mi agito e litigo quando le incomprensioni sembrano così stupidamente insuperabili, ma non è certo colpa loro, sono io lo straniero in terra altrui, sono io il barbaro. Quanto è strano essere eternamente ospite.
Quando torno in me, da piccolo forestiero mi muovo lento in questo immenso mondo, condotto dalla bussola universale, e seguendo l’istinto animale dell’amore incrocio nel cammino delle persone che mi indicano la via, il segnale della giusta direzione. Amir, Abishek, Renato, Adri, Cristina, angeli custodi mandati dal Dio dei viaggiatori, per proteggermi e per cullarmi, è così che mi piace immaginarli. E’ in loro che rivedo l’amico con cui non parlo da tempo, è in loro che mi affido come fossero fratelli, è grazie a loro che respiro l’aria di quella strada romagnola così conosciuta. Sono anche loro a darmi la forza di insistere.
Vi presento Jack, anche lui un angelo, tutore della rotta e segnale della vita. Jack ha il cuore grande, un cuore cinese malato d’amore per una donna che lo ama ma non lo vuole, Jack è una calda e romantica emozione dentro la fredda ricchezza della povera Chengdu.
Non mi posso arrabbiare, sono debitore di un conto salato, una bolletta dal cielo da pagare.
Devo rilasciare al mondo ciò che lui mi trasmette. Ho il compito di spargere il bene che gli angeli mi danno.