In piazza alcune donne mi guardano fisso negli occhi, senza abbassare lo sguardo. Al ristorante mi offrono gnocchi di patate e cotolette alla milanese. Per strada predominano su tutte le Fiat, vecchie Fiat Uno guidate con orgoglio e nuovi Fiat pick up. Sono rientrato in Italia? Non ancora, questa è Argentina.
In ogni angolo del paese si parla di calcio e affianco al campo cittadino, un campanile e una chiesa, proprio come da noi. Nei bar si ritrova il caffè espresso e soprattutto si ritrovano le chiacchiere sulla politica, sulla corruzione, su Maradona e Messi, insomma le chiacchiere dei nostri bar.
Ogni persona che incontriamo ci dice avere almeno un avo italiano: “mio nonno era lombardo, sa?” “mia bisnonna arrivò in nave dalla Calabria!” ” il mio cognome è Battistini, ma in Italia non ci sono mai stato, non sa quanto vorrei andarci un giorno”.
Questa è l’Argentina. È un paese di immigrati. Forse è anche per questo che mi sono sentito a casa come non accadeva da tempo. Abbiamo pedalato tra i frutteti della pampa del Nord fino alla spagnoleggiante Cordoba. A Mendoza, ai piedi delle Ande, ci siamo ubriacati di vino rosso nelle vecchie vigne piantate da europei. Quasi ovunque siamo stati invitati a cena per un asado di carne, che non è solo un pasto, ma un rito attorno al fuoco e attorno alla tavola.
Gli argentini anche un secolo dopo essere immigrati continuano a sognare l’Italia.
Invece noi italiani che siamo restati, la sogniamo ancora l’Argentina?