Sono in questo luogo per me esotico da diversi mesi ormai. Continuo ad osservare tutto con la mia mente da straniero, di un uomo che viene da un paese lontano, da una nazione sicuramente più evoluta di questa. Il mio moderno mondo è sicuramente più ricco, quindi per me lo shock di passeggiare in questi posti è drastico. La sensazione che provo nel vedere come questi genti vivono mi ferisce.
Molto della loro cultura mi appare folle e misera e illogica. Il futuro qui non è ancora arrivato.
Vorrei aiutarli e mi ritrovo qui a pensare al come. Le loro strade sono sporche, con più buche che asfalto e i rifiuti strabordano da vecchi contenitori. Nella periferia di questa città entro in una scuola pubblica per l’infanzia e la miseria degli arredi, la mancanza di luce e aria fresca mi stringe il cuore. Le classi sono sovraffollate e le maestre sembrano impotenti. I bambini vestiti in maniera così inelegante mi guardano curiosi e supplichevoli. Vorrei prenderli tutti con me e portarli in una scuola degna di questo nome.
Ritorno per strada, sperando che il cielo azzurro mi consoli, ma la vista delle loro case mi rattrista nuovamente. Le abitazioni sono vecchie e decadenti, non piccole ma insalubri.
Entro in un ospedale pubblico in questa periferia lontana, simile a molte altre periferie di queste latitudini. Mi vergogno quasi di essere qui, io sano, in una sala di attesa stracolma, inospitale, con vernice scrostata. Un gran senso di rassegnazione impregna l’aria stantia. Pochissimi dottori rispetto alle necessità dei pazienti. Non oso immaginare come possa essere una sala operatoria da queste parti.
Torno all’aperto, mangio qualcosa e anche il loro cibo mi pare malsano, più grasso che nutriente. Sicuramente le reazioni sono abbondanti, ma a mio avviso mal bilanciate in vitamine. Qui non conoscono neanche gli Omega 3 contenuti nel pesce. Sembra un cibo perfetto per riempire lo stomaco, ma poco per pensare in maniera lucida.
Cosa fare mi domando. Ho dei fondi da parte e i miei genitori e amici potrebbero con me raccogliere denaro. Potremmo insieme aprire una NO PROFIT e anche se poco potremmo fare qualcosa per questi disgraziati nella periferia del mondo.
Primo aiuterei i bambini senza dubbio. Aprirei una scuola prima di tutto, affinché poi possano migliorare la loro società. Una scuola come le nostre. Sì, questa non è una brutta idea, da casa potrei trovare diversi finanziatori. Poi potrei con mio fratello far partire un altro progetto, legato alla salute, creare un piccolo ospedale moderno, più umano, dove la cura non sia una speranza, ma un approccio meticoloso, reale. Potrei anche chiedere una mano ai tanti uomini di religione che conosco, potrebbero anche loro venire qui e aprire un centro. Non per convertire, certo, ma per aiutare. Per insegnare, per mostrargli un po’ di futuro.
Ah quante cose potrei fare per loro se avessi fondi illimitati! Vorrei proprio aiutarli, insegnerei loro una lingua straniera, parlerei loro della insensatezza della corruzione e di come riciclare la plastica.
Se solo avessi più fondi farei di tutto, affinché questa periferia di Milano assomigliasse un po’ di più alla mia ricca e moderna Osaka.
Dovrei veramente farlo?
O è meglio che trovino da soli la loro strada?
Mujiko Murasawa
(in arte Giovanni Gondolini)