Paradiso a Sumatra..articolo pubblicato su Ravenna&Dintorni

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SUNGAI PINANG …la strada difficile porta al paradiso…
Una veranda dal tetto di lamiera ci protegge da un acquazzone torrenziale tipico di questa stagione. Siamo in Indonesia appoggiati ad un tavolo in legno dipinto con i colori della bandiera giamaicana.
Sulle pareti sono disegnate onde, palme e surfisti mentre una scritta recita Welcome to Riki’s beach house. Entriamo e vediamo una chitarra ed un tamburo, libri e mazzi di carte, il domino e gli scacchi, un pallone da calcio e tavole da surf. I ragazzi in cucina ci offrono caffè, the, frullati di frutta e preparano magnifiche tavole imbandite di cibo per pranzo e cena. Le camere degli ospiti sono quattro semplici bungalow vista baia.
Riki è un ragazzo indonesiano pieno di sogni, parla inglese e francese e ha le orecchie pronte ad ascoltare il mondo, perché come noi ha voglia di viaggiare. É nato e cresciuto qui, a Sungai Pinang, un villaggio sulla costa ovest di Sumatra che conta appena milleseicento anime. Ha sposato Ana, una ragazza di Parigi incontrata in Borneo quattro anni fa. Hanno una bambina di nome Alicia, bionda come lei e occhi neri come lui; la coppia ha un grande progetto: aiutare i giovani del villaggio a studiare e ad aprirgli gli occhi oltre l’Indonesia. Per questo i due ragazzi hanno trasformato il vecchio alloggio del nonno in una casa per turisti. Con il ricavo delle visite riescono a pagare l’alloggio a sette ragazzi nella città di Padang, la più vicina al villaggio, dove possono frequentare la scuola. Altri dodici giovani dando una mano nella casa, si mantengono lavoricchiando e imparando inglese dagli ospiti stranieri.

La luce della lampadina cambia intensità e a volte sparisce. “ L’elettricità l’hanno portata solo due anni fa” racconta Riki, “prima avevamo il generatore e ci piaceva la luce delle candele”. Poi continua raccontando che fino al duemilasette, l’unico modo per lasciare il villaggio era di partire con la barca dei pescatori alle cinque del mattino. La stessa barca che passava a raccogliere il pescato da tutti i pescherecci prima di andare a vendere in città. Da sei anni a questa parte gli addetti hanno aperto una sentiero sterrato nella impervia giungla, una strada non facile da percorrere, quasi impossibile in bici. “In un certo senso sono contento che la via sia malmessa, è un ottimo deterrente contro gli imprenditori cinesi” afferma ridendo Riki, felice che il suo villaggio rimanga autentico.

L’autenticità di questo luogo infatti è palpabile fin dal primo impatto: un campo da calcio disconnesso, le porte in legno grezzo e le linee dell’area di rigore scavate. A centrocampo le bufale e le capre, un pastore, bambini in aria di festa e famiglie incuriosite dalla nostra presenza. Di giorno un pascolo e prima del tramonto lo stadio più bello del mondo per tutti gli abitanti di Pinang. Intorno capanne dai tetti di bamboo si mischiano con le alte palme da cocco e ancora oltre colorate barche di pescatori riposano sulla sabbia guardando l’oceano in attesa di uscire. Poi la lentezza, la tranquillità e la semplicità di uno stile di vita legato al passato fanno di questo villaggio e soprattutto della sua gente un paradiso indimenticabile.

Marco e Giovanni

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