Rivesto la bicicletta, era più di un mese che non salivo in sella dopo il lungo riposo. Mi ero perso nella bellezza delle spiagge tailandesi e dentro gli occhi della ragazza che amo. Mentre aggancio le sacche al portapacchi ho un peso nel petto, dritto nel cuore e nella mente mi scorrono alla velocità della luce tutte le immagini di un mese trascorso con la mia Giulia. Prendo coraggio pensando alle parole di un certo Fausto Coppi il quale diceva che non c’è nessun dolore che un buon colpo di pedale non possa cancellare. Dopo un ultimo saluto al nostro amico Renato e alla sua Nut ci lasciamo la città di Krabi alle spalle e iniziamo l’inseguimento alla Malesia.
Le emozioni sono simili a quelle della partenza e come quel giorno vedere il mio amico davanti a me, vestito di nuovo a tagliarmi il vento è una infinita carica di energia positiva. Ci promettiamo di percorrere tanta strada, forse per pulirci la coscienza dal troppo ozio del mese passato o forse per far scorrere più velocemente gli innumerevoli pensieri che si susseguono mentre pedaliamo. Spingiamo forte sui pedali, le nostre fedeli compagne sono ben bilanciate e l’asfalto pulito corre in mezzo a coltivazioni di caucciù e palme da olio, alternata solo a tratti dalla giungla incontaminata. Il calore del sole ci riscalda i capelli che sembra vogliano bruciare e la mia pelle da nord europeo prova sollievo solo quando viene bagnata dai monsoni che ci stanno inseguendo dall’India. Quelle stesse piogge, sinonimo di vita, che fanno brillare di una luce smeraldo tutto il verde intorno a noi.
Gli elefanti sono più piccoli di quelli africani e li ammiriamo mentre ricevono le cure in un ospedale allestito per loro. Le scimmie giocano in mezzo alla via e scappano quando vedono arrivare strani animali su due ruote, mentre la mattina ci svegliano rovistando tra le scatolette vuote della nostra cena e ci guardano stranite mentre dormiamo dentro la zanzariera. Contiamo circa cinque serpenti al giorno morti sulla strada e qualche varano dalle inquiete dimensioni distesi a pancia all’aria travolti dalle auto.
Dalla meridionale Krabi il confine malese è ancora a tre notti di distanza, notti in cui siamo ospiti di una amichevole comunità di pescatori sulla riva di un largo fiume e dopo aver cenato con un ottimo pesce offerto da loro dormiamo su un materasso alla giapponese disteso sul pavimento. Notti in cui ci ritroviamo a cucinare sotto una tettoia davanti a uno stagno invaso da ninfee, chiuso fra le colline con la sola compagnia del concerto degli animali della giungla. Notti in cui, nonostante i tanti chilometri, il sonno tarda ad arrivare sovrastato dai pensieri confusi chiusi nella mia mente di viaggiatore solitario.