Siamo grandi e ricchi, così pensavano gli imperatori cinesi mille anni fa. Dobbiamo proteggerci dagli stranieri, dalle invasioni, dai mongoli. Non ci sono montagne abbastanza impervie da isolarci e nemmeno fiumi possenti dietro cui trincerarsi. Ergiamo un muro dunque, una massiccia e alta parete. Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori, pensavano.
Nasce così la Grande Muraglia Cinese. Costruita in più tempi, da più mani, contro diversi nemici.
Ma un muro ha mai funzionato? Gli stessi Qing, ultima dinastia di imperatori che regnò per circa trecento anni, provenivano dalla Manciuria, regione esterna alla muraglia. Trovarono una breccia, sconfissero i Ming e governarono.
Quella enorme fatica di mattoni su mattoni erti sulla cresta delle alture, non scoraggiò neanche Gengis Khan, che con il suo esercito entro in Cina ed Imperò. Non certo The Great Wall poteva fermare le mire del più grande impero di tutti i tempi.
Franco Farinelli, docente di Geografia dell’Università di Bologna, ci indica cosa veramente fu quel muro. Le nostre barriere per impedire agli altri di entrare sono perlopiù un’arma a doppio taglio, dove noi che le edifichiamo finiamo per avere la peggio. La Cina, con la muraglia prima e una chiusura politica poi, si costruì una prigione e si auto isolò. Chi era fuori con la forza riusciva ad entrare, ma chi era dentro non poteva uscire. Fu Marco Polo a portare un po’ di Oriente nei canali di Venezia, non certo il contrario.
In questo nuovo ventunesimo secolo la Cina appare un po’ più aperta, quella muraglia un po’ posticcia è meta turistica. Guardandoci bene però, quella immensa costruzione ha lasciato al suo interno un sentore di diffidenza. I cinesi tendono ancora a serrarsi in casa, a barricare le finestre, a non invitarti in casa per un tè. Il muro sovente è nello sguardo.
Costeggio un fiume, risalgo la corrente in una insenatura stretta, scavalco la muraglia e mi ritrovo in Mongolia. Loro non hanno occlusioni, non hanno mattoni, hanno poco che possa essergli rubato. Inizia la sabbia e la steppa.
C’è una tenda tonda.
Il nomade che la vive immediatamente mi invita ad entrare.