Vorrei emozionarmi ogni giorno, rimanere stupito come un bambino davanti a tutto ciò che di nuovo vedo, ma non è sempre così. A volte si è stanchi, a volte si è diretti da un’altra parte, a volte si crede di aver già visto, mentre altre, per ragioni misteriose, non si è sensibili a sufficienza per restare a bocca aperta. Erano giorni, forse settimane che cercavo quel battito di cuore intenso dato dallo stupore: Varanasi, città Sacra Indù, me l’ha saputo offrire.Tutto è successo casualmente, durante una passeggiata vicino alla riva meridionale del Gange, ci stavamo perdendo in un dedalo di vie strette quando un signore distinto, con un discreto inglese, ci ha detto di seguirlo. Attraversiamo alcuni passaggi con cataste di legna e ci precede verso la terrazza panoramica di un antico ospizio. Di fronte a noi c’è il maestoso Gange in piena, a destra la città, ma è a sinistra che lo sguardo viene attratto. Su una terrazza parallela più bassa della nostra diversi falò accesi, dieci forse quindici: stiamo assistendo al sacro rito della cremazione nella cerimonia funebre.
Tutto attorno un brulichio di persone, chi in meditativo silenzio, chi al lavoro, tutti protagonisti di un rito millenario, religioso, umano come la morte.
Io e Marco, nessun’altro, siamo i rispettosi spettatori di questa grande opera. Guardiamo prima con gli occhi e poi con il cuore, travolgiamo la nostra guida Hisham di domande, ci immergiamo nell’avvolgente cerimonia funebre.
La famiglia del defunto arriva vestita in abiti eleganti trasportando a spalla la lettiga in bambù dove è deposta la salma, coperta solo da colorati tessuti in seta. Il corpo viene immerso nelle acque Sacre del Gange per l’ultimo bagno purificatore, poi viene esposto al sole per un’ora ad asciugare. Come ci racconta Hisham, durante questa attesa la famiglia denuncia la morte al vicino ufficio di polizia e paga ai religiosi la cerimonia, costosissima a causa del valore del legno utilizzato e per l’ovvio business che come ovunque accompagna i funerali.
E’ il figlio maggiore se è morto il padre o il marito se è morta la moglie il primo attore della funzione. Sarà lui a pochi passi dal Gange a rasarsi a zero e a vestirsi di bianco, come segno di pulizia e sottomissione. In queste nuove vesti, dopo aver deposto la salma sulla precisa catasta di legna, accende una miccia dal fuoco eterno di Shiva, la divinità distruttrice rappresentata con la testa di Elefante e da fuoco alla pira dove in tre ore brucerà il corpo.
Provate ad immaginarci mentre viviamo tutto questo, mentre scesi dalle biciclette respiriamo il fumo a pochi passi da un corpo in fiamme, mentre abbracciamo con gli occhi le famiglie composte, i barbieri del funerale, i portatori di legna, le salme in attesa dell’ultimo bagno. La percepite anche voi un po’ della nostra emozione?
In questo luogo non si può piangere ci dice Hisham perchè altrimenti l’anima del defunto, cogliendo il dolore dei familiari, non raggiungerà mai il Nirvana. Finita la cremazione vengono gettate le ossa non totalmente combuste nel Gange e una anfora piena d’acqua del fiume viene rotta sulle ceneri e braci. E’ il gesto conclusivo, è il gesto che mi ha commosso, questo vaso che si rompe è la rottura del legame terrestre tra il corpo del defunto ed i suoi cari.
Ora la sua anima è libera, libera di reincarnarsi e di raggiungere il Nirvana, libera di sedersi affianco al proprio Dio, qualunque esso sia.
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