1- Da dove è venuta l’idea di intraprendere questo viaggio, e quali sono i motivi? Non vi ha fatto paura abbandonare tutto?
L’idea di partire per il giro del mondo in bicicletta è nata per caso, per scherzo, dopo una pedalata di qualche giorno da Ravenna a Nizza, ben cinque anni prima della partenza. Sulla scia dell’entusiasmo abbiamo immaginato un tour inseguendo l’est, il sorgere del sole.
Prima o poi ci siamo detti, seguendo quella rotta si potrebbe tornare a casa. Sogno e ambizione, sfida e realismo, novità e timore. Un po’ di paura c’era, ma quella di non partire era ancora più grande. Fatti i bagagli ci siamo messi sui pedali. Non siamo ciclisti, nella borsa c’è un pallone da calcio. Per strada siamo viaggiatori, non solo sportivi.
2- Che lavoro facevate prima di partire in Italia?
Marco era un giardiniere che lavorava in proprio. Aveva alla partenza il fisico scolpito di chi è abituato a spostare tronchi e sporcarsi le mani nella terra. Giovanni gestiva un bar ristorante sulla spiaggia a Marina di Ravenna. A entrambi piaceva il nostro lavoro, ma partire ci sembrava necessario per conoscere e conoscersi.
3- Quali sono le esperienze che in questi 3 anni di viaggio vi hanno segnato di più?
Credo sia il deserto il luogo simbolico della nostra crescita come persone. Nelle steppe desolate ma non disabitate abbiamo sfidato il nostro corpo, mettendolo alla prova sotto il sole. Negli incontri con le poche persone di quelle terre abbiamo capito l’importanza dell’aiutarsi l’un con l’altro. Nel silenzio di quelle strade sterrate abbiamo pensato molto e ci siamo riappropriati del tempo che nella nostra società tende a sfuggirci dalle mani. Abbiamo scoperto che la bicicletta, nel suo roteare ciclico e sibilante è un aiuto perfetto alla meditazione.
4- Avete avuto modo di confrontarvi con i vostri limiti e le vostre paure?
Tutti noi abbiamo paura, specialmente dell’incertezza del domani. Questo lento andare ci ha insegnato ad avere fiducia nella natura, ci ha riportato a contatto con gli spazi aperti e non civilizzati. La prodigiosa generosità di questo nostro pianeta ci ha regalato una smisurata e ottimistica fiducia nel futuro. Pur non sapendo dove dormiremo domani e se lungo la strada troveremo acqua e cibo, il nostro respiro si è fatto tranquillo e pieno di vita.
5- Qual è la cosa più bella che finora avete appreso da questo viaggio? E quella meno bella?
Siamo partiti con il leggero occidentale pregiudizio che lo straniero, lo sconosciuto, fosse pericoloso. I primi mesi ricordo che di notte nascondevamo la tenda lontano dalle case per non farci vedere, con la paura che qualcuno venisse a derubarci. Questo stupido timore ci ha inseguiti fino in Iran, poi il deserto turkmeno ci ha offerto il pretesto per avvicinarci alle tende dei nomadi. Da allora la nostra tenda è sempre nel retro di qualche casa, noi offriamo sorrisi e storie, loro ovunque ricambiano con una sorprendente ospitalità. Non credo più nel giudizio cinico “homo homini lupus”. Ora dobbiamo diventare promotori di questa scoperta, affinché il genere umano costruisca più ponti e meno barriere.
6 – Sentite mai la nostalgia di casa?
Forse no, forse non nel senso classico del desiderio di tornare nella propria casa, nella casa dei genitori. Le nostre famiglie sono vicino a noi anche a migliaia di chilometri. Percepiamo il loro calore e il loro appoggio. Siamo partiti anche per trovare quella che sarà la nostra casa del futuro, e magari la sfortunata che ci farà compagnia!
7 – Avete scritto sul vostro sito che vivete con 10 euro al giorno e 300 euro al mese. Come riuscite a farcela?
Non ce la faremmo senza la generosità delle persone che incontriamo per strada. Noi abbiamo tagliato tutti i costi, siamo senza telefono e senza comfort. Dormiamo quasi sempre in tenda, cuciniamo il nostro cibo, unica spesa, con un fornelletto da campo. Il resto arriva in dono dai nuovi amici che aprono le loro porte a due sudati gitani in movimento. Una cena e un letto è il semplice scambio per vivere con noi un sogno, che non è solo nostro, ma di chiunque abbia voglia di condividerne una parte insieme. Il mondo è ospitale, questo è l’insegnamento che porteremo con noi sempre. E noi faremo altrettanto.
8 – Lasciare le persone che conoscete in ogni posto e sapere che probabilmente non le rivedrete mai più che sensazione vi da?
Questo, solo questo, è il lato duro del viaggio. Le lacrime del giorno della partenza di tre anni fa non si sono ancora asciugate. Ma queste lacrime, che si rinnovano ad ogni alba nel salutare un nuovo amico tengono idratata la pelle e l’anima. E’ un dolore sopportabile, che ci rende molto vivi, umani, sensibili, reali. Abbiamo imparato che a dire addio non ci si fa mai l’abitudine.
9 – Avete parlato di ‘imprevisti’ e ‘caso’ come motivi stessi del viaggio. Quali imprevisti avete incontrato lungo il vostro percorso?
Questo viaggio è l’essenza stessa degli imprevisti. Se un giorno mi dovessi svegliare sapendo di non incontrare casualità, non mi alzerei neanche dal letto. Una tormenta di neve in Turchia in una giornata di sole ci ha congelato le mani. Un burocrate birmano ci ha impedito il passaggio attraverso il suo paese. Una mano furba ci ha rubato qualche dollaro in una costa thailandese, forse erano superflui. Una strada scivolosa ci ha regalato la paura di cadere, ma anche l’emozione di rialzarci. Un tifone coreano ci ha sradicato la tenda mentre l’oceano ci entrava nel sacco a pelo. Poi una Coca Cola fresca ci è arrivata dal cielo in un momento di sete e una discesa lunghissima è sempre ad aspettarci dopo ogni salita.
10 – Vi è capitato di innamorarvi di qualcuno che avete incontrato nel vostro percorso?
Più di una volta. Le donne del mondo sono dolcemente affascinanti. Tentano sempre con una sensuale energia di fermarci, di interrompere il nostro cammino, ma per ora nessuna è riuscito nell’impresa! Siamo innamorati di questo ciclovagare e il colpo di fulmine dura il tempo di una notte. Il ricordo però di questi amori veloci e di questi compagni di strada ci fa compagnia e ci riempe l’anima molto più a lungo.
11 – Quando rientrerete in Italia cosa farete?
In Italia faremo festa prima di tutto. Abbracceremo le persone che ci sono mancate e cercheremo di trasmettere a più persone possibile la bellezza che ha riempito i nostri occhi in questi anni. E continueremo a viaggiare, che non è altro che vivere in armonia con il tutto. Anche da fermi. Soprattutto da fermi.