Formiche..pubblicato su Ravenna&Dintorni

Le formiche sono dappertutto, non esiste luogo in cui non le trovi e se non le vedo appena picchetto la tenda, nel tempo di un minuto eccole che arrivano. Sono organizzate, come condotte da un direttore d’orchestra, se una di loro rintraccia una briciola ,la esamina attentamente una decina di secondi prima di raccoglierla e portarla con se nel buchino del terreno. Quando il piccolo insetto richiede l’aiuto del gruppo chiama le altre che l’affiancano nel trasporto eccezionale verso il nascondiglio. Ho visto formiche scivolare sulla sabbia della riva di un fiume, arrancare tra i peli delle mie gambe e dalla fila indiana verticale lungo la corteccia staccarsi per salirmi sul collo. Quelle dalla testa rossa mi hanno punto fastidiosamente. Ho seguito una schiera lunga settanta metri, settanta passi contati, un trasloco colossale forse. Le ho trovate nella pentola a mangiare la nostra pasta o dentro la borsa a gustare il prezioso pane.
Durante la colazione basta un attimo di distrazione che attaccano il coperchio della marmellata e la lama del coltello addolcita dal burro di arachidi. Vi odio minuscoli invadenti animaletti. Vorrei sapere e provo ad immaginarmi cosa accada sotto terra, nel loro nido, dentro il tronco cavo dove si rintanano così che l’astio diventa curiosità, attrazione, natura.

Nei mattini presto io e Gio non parliamo tanto prima del caffè. Un giorno osservavo le formiche al lavoro e ero incantato dal loro prodigarsi. Nel campeggio fra le betulle pensavo alla prossima meta, la solita grande città che tanto ci piace, che sempre desideriamo.

Mi chiedevo se in fondo noi uomini siamo tanto diversi quando ci riuniamo nelle metropoli. Ci assembliamo, siamo tanti, troppi, ci trovi ovunque, strutturati, a volte spietati, ci muoviamo allineati, ci spostiamo veloci, brulichiamo caoticamente, formicoliamo freneticamente. La città può diventare un formicaio fastidioso quando ci si trova nel mezzo ma se ti fermi a guardarla distaccato può diventare uno spettacolo incantato. Da una piccola panca a bordo strada e seduto all’ombra, la frenesia mi scivola addosso per un attimo prima di tornare ad essere una formichina che cammina sul marciapiede di Pechino, sperando che nessuno mi schiacci.

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