Oggi finalmente dopo settimane di spostamenti, sto viaggiando. Ed é per una casualitá. Sono bastati tre giorni e tre notti in un ostello internazionale di Merida, pieno di ragazzi australiani e tedeschi per ricaricarmi le pile. E per tornare ad avere il coraggio e la forza di fare un viaggio diverso da questi bellissimi giovani zaino in spalla.
E’ bastato un colpo di pedale per dimenticarmi il lusso di un letto comodo e di una doccia fresca dopo il caldo di mezzogiorno. Ho scelto una strada secondaria, quelle dimenticate, stretta e senza traffico. La giungla mi ha abbracciato dal basso e il cielo azzurro coperto dall’alto. Mi sono fermato a mangiare pomodori banane e caffé all’ombra di una palma. Tutti frutti di questo mondo chiamato America. Ho sorpassato un vecchietto che in bicicletta trasportava gabbie con uccelli. Ho incontrato una piccola indiana con due ceste piene di pannocchie e chile habanero. Mi sono lasciato alle spalle la festa di un paese remoto, con corrida, palloncini e processioni di Crocifissi con Gesú Neri. Cristi scuri, mulatti come gli Indio. Ho appoggiato la bici nel cortile di una posada, che altro non é che la casa di qualcuno che offre le sue stanze. Ho scoperto che AirBnB é molto piú antico di quel che vuol far credere di essere. I miei ospiti peró ho deciso di sceglierli per strada e non in rete.
Dopo una doccia lenta, goccia a goccia come il mio andare sudato, mi sono ritrovato a scalare massi messi non a caso, sulle rovine di una delle piú alte piramidi del Mesoamerica. Ho visto lo Yucatan dall’alto, pianeggiante e verde. Ho chiuso gli occhi sognandomi un capo villaggio Maya e mi sono svegliato io, ancora io, in un bar di Izamal, con la música di un bolero allegro nell’aria. Sulla tavola una cerveza bien fría, una patata piccante, un ceviche di pesce al limone.
Un giorno di viaggio come tanti altri. Un giorno di viaggio come nessun’altro.