Infinite distese di grano dorato mi accompagnano lungo la fertile pianura verso Beijing, laddove mi aspettavo solo risaie e risaie. Un uomo distratto mi supera in macchina tagliandomi la strada, poi si accorge di me, si ferma e vuole una foto. Mi sorride offrendomi una sigaretta come benvenuto, stranito del mio non vizio inizia un monologo incompreso e solitario. All’angolo della strada un venditore ambulante espone gli stessi identici frutti che ho sempre trovato in Romagna: ciliege, albicocche e pesche.
Due signore dalle mani d’oro stendono con il mattarello un impasto di acqua e farina. Già pronte sul bancone delle focacce e alcune piadine, sì piadine.
Alcune ragazze si parlano sottovoce, ammiccando come sedicenni al passaggio dei due uomini bianchi, belli perchè normalmente sporchi e con due occhi grandi e tondi. I loro occhi invece, tanto diversi dai miei, mi sembrano così normali ormai da stupirmi allo specchio di non averli anch’io a mandorla.
Un uomo indeciso se pormi l’ennesima domanda “Da dove vieni” mi scruta con uno sguardo attonito, quasi un bimbo la prima volta davanti ad un cartone animato.
Fatico a dargli un ritratto a questi innumerevoli cinesi, tra l’imbronciato e l’indifferente a volte, ma più spesso curiosamente discreti o discretamente curiosi.
Vi potrei parlare dei pigri e morbidi Panda incontrati a Chengdu, o degli affascinanti e statici guerrieri di terracotta fotografati a Xi’an, ma preferisco provare a trasmettervi una sensazione.
Sono seduto in una stradina di Pechino, con i suoi venti milioni di abitanti, non distante da piazza Tienanmen e respiro tranquillità. La Cina che ho osservato sta crescendo a una velocità doppia rispetto a noi eppure quello che appare è una storica e millenaria pace.
Forse mi sbaglio, ma in Cina puoi trovare il tuo sereno spazio, se impari quella obbligatoria magia di farti gli affari tuoi.
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