Cosa spinge un uomo a caricare la sua vita sopra una bicicletta e partire?
Via via che macino strada arrivano le prime risposte alla domande che mi posi qualche tempo fa, anche se dalla nostra partenza avvenuta sei mesi or sono, ancora vado cercando la ragione profonda della necessità di mettersi alla prova. Essendo un uomo era innato in me il bisogno di competizione, di sfidare prima di tutto il mio orgoglio.
Avendo vinto qualche “gara” nella vita normale di tutti i giorni era cresciuto il desiderio di una partita dura, una partita impossibile da vincere. Questa sfida è contro i miei limiti o forse è verso di loro che si dirige, come per conoscerli e provare a conviverci.
Mentre vado mi accorgo quanto sia difficile star lontano dalla persona che amo ed esser costretto a portarla solo nel cuore, in silenzio, perchè la curiosità e ambizione mi ha spinto irremovibilmente a partire e soffrire. Poi percepisco il bisogno della mia famiglia di parlare con me, di confidarmi qualche segreto, ma ancora sono distante, forse troppo per poterli veramente abbracciare e un senso di impotenza va a sovraccaricare la bici, come un bagaglio impegnativo da trainare in salita.
E gli amici che crescono figli, che convivono, che si tuffano nel lavoro, che si fanno domande e vorrebbero un consiglio e un sorriso, ma io non ci sono e una lettera scritta a mano arriva solo dove può arrivare..
Però io persevero nel mio andare, a testa alta continuando ad onorare il Viaggio, perchè sono sicuro che mi regalerà un Gio migliore, migliore per me, migliore per loro. Dopo la strada solitaria amerò di più e in maniera più profonda, ascolterò più attentamente perchè percepirò maggiormente le parole non dette con la loro vitale importanza, saprò consigliare in maniera più saggia perchè la fatica mi avrà reso più forte, le diversità del mondo più esperto, la nostalgia più sensibile.. Almeno questo è quello che spero e intanto sorrido ripensando agli insegnamenti di questi ottomila chilometri.
Dal Montenegro alla Turchia ho trovato un’Europa preziosa, poco conosciuta e vicino a Ravenna, come se fosse lì per ricordarmi:” quando sei stanco torna a casa, hai delle meraviglie anche nel tuo giardino”. Dall’Iran all’Uzbekistan ho compreso quanto valga la libertà in mio possesso, di cui invece loro sono privati, facendomi chiedere grazie a chiunque nel tempo abbia lottato per averla e ce l’abbia poi regalata. Dall’India al Nepal ho percepito chiaramente quanto l’Europa e l’occidente non siano il centro del mondo, ma solo un tassello di questo mosaico bellissimo che si chiama pianeta terra. Nelle alte montagne ho visto la mia piccolezza e fragilità, ma mi sono riscoperto umile e rispettoso della natura, quindi degno di farne parte per difenderla. Nei verticali templi induisti ho scoperto la relatività dei punti di vista e le tante facce della sfera religiosa che da Roma a Bangkok colora l’universo come un cubo di Rubik.
E in questa isola vergine nel golfo della Thailandia, respirando il mare che mi circonda, aggiungo una pagina al libro di viaggio ed è la bellezza delle cose semplici: un libro inaspettato, una stretta di mano sincera, un frutto gustoso mai provato, lo sguardo complice del tuo amico, l’alba lenta prima di dormire, una sigaretta non fumata, un’onda che ritorna diversa, un bimbo che corre scalzo, il profumo di casa nel pane, le nuvole passeggere come noi che piangono.
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