Nepal, Sonauli il nome della città di confine con l’India, una frontiera libera a dimostrare l’amicizia tra i due paesi. Dopo la porta di ingresso nepalese mi accorgo dopo poche pedalate di essere in un paese molto differente dall’affascinante trambusto indiano.
Il caos dalla strada sparisce improvvisamente e tutto diventa piacevolmente più pulito. Cambia l’odore nell’aria, l’approccio con le persone si fa più caloroso e sorprendentemente quasi tutti parlano inglese. Al nostro passaggio i bambini con aria di festa ci accolgono con il gesto di unire le mani vicino al petto e pronunciando la parola “namaste”.
Nepal, una terra d’acqua, la stagione delle piogge riempie i fiumi, le cascate le ammiriamo scendere fra il verde chiaro delle felci, vicino la strada e a volte i torrenti ci attraversano la pedalata. I ragazzi approfittano dell’acqua che sgorga dalle rocce per fare una doccia e le donne per lavare i vestiti. Enormi ponti tibetani attraversano il fiume che accompagna la strada per collegare le poche case nascoste fra gli alberi sull’altra sponda. Dove l’uomo riesce, con l’aiuto dell’aratro trainato dai buoi, si ritaglia spazio per coltivare, realizzando terrazzamenti geometrici perfetti che davanti ai miei occhi diventano opere d’arte.
Riso e mais sono le colture prevalenti in questa stagione e le mondine passano con pazienza fra i campi ad estirpare le malerbe, munite di ombrello per ripararsi dal sole cocente e dalle improvvise piogge monsoniche. Con le loro lunghe gonne colorate, le donne, trasportano dietro la schiena grandi cesti pieni di erbe per le bufale o pagnotte di mais, usando una larga corda che si fanno passare in fronte e in questo modo, usando la forza del collo, spostano tutto, anche le pesanti fascine di legna per il fuoco. Gli uomini fanno lo stesso e con i calzoni corti e le ciabatte in bamboo vengono torturati dalle sanguisughe, spiacevoli incontri nei sentieri di montagna.
Nepal, riceviamo ospitalità a casa degli abitanti dei piccoli villaggi, entriamo nei loro negozi, nei loro salotti, nei loro letti e ci facciamo coinvolgere dalle loro risate, i loro problemi, le loro storie. Ci accomodiamo nelle loro cucine, mangiamo sempre “dalvat” un piatto di riso bollito accompagnato da patate, verdure e piccoli fagioli, il frutto dei loro orti. La mamma di casa riempie sempre il piatto mentre il bicchiere lo fa traboccare con una strana bevanda che chiamano “roxi”, il vino nepalese. Con i giovani delle famiglie scopriamo i luoghi nascosti, con Binaya andiamo in riva ad un fiume e seduti insieme beviamo una birra e parliamo molto in un clima di sperduta tranquillità. Abishek ci porta a “Kulekani”, un verde lago nelle montagne dove ci bagniamo e ci specchiamo nelle sue acque sporgendoci dalla canoa. Ishan ci fa scoprire un piccolo tempio Hindu vicino alla foresta, dove lui viene per pregare i suoi Dei, qui rappresentati dalle pietre; un piccolo torrente, un grande albero e una fontana di pietra in un luogo pacifico senza tempo. Basse e strette porte, piccole stanze, tutto a misura di uomo nepalese in queste case in cui mi sento bene, accolto come un vecchio amico sento il calore che trasmettono le persone che ti amano.
Nepal, sono seduto in un muretto di pietre, il silenzio è accompagnato da qualche cinguettio, dal ronzio delle api e dal muggire di un bufalo. Sono in cima ad una montagna con lo sguardo rivolto verso nord per aspettare che la catena Himalayana si faccia vedere tra le nuvole per regalarmi il suo spettacolo. Alla mia destra, mille metri più in basso, la valle con il lago Pewa e la città di Pokhara chiudono la cornice di questo incantevole luogo dove ora mi trovo, un villaggio di dieci abitanti vecchio cinquemila anni.
Nepal, una piccola nazione fra le due giganti India e Cina, un piccolo paese largo circa duecento chilometri in cui le condizioni climatiche variano dal clima sub-tropicale a quello artico. Incontro qui, per la prima volta in questo viaggio, un luogo difficile da lasciare, una cultura che varrebbe la pena approfondire, amici da salutare. Pace e amore che non possono finire, radicati da millenni nelle persone di questo luogo dove la natura ha la giusta sincronia con l’uomo in una perfetta miscela che fa del Nepal e della sua gente una piacevole rarità.
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GRANDISSIMO MAIO,
COMPLIMENTI L’ARTICOLO E’ BELLISSIMO E DENOTA LA TUA SENSIBILITA’PER I DONI DELLA NATURA.
UN ABBRACCIO AFFETTUOSO
Ciao. Vi ricordate? Ci siamo incontrati a kathmandu. Eravamo il gruppo di avventure nel mondo. Mi avete affascinato con il vostro progetto. Dove siete ora? Tutto bene? Vi seguo con il pensiero nel vostro viaggio.
Un carissimo saluto ad entrambi.
Pina
Maio!!Ti siamo grati per le emozioni che ci fai vivere. Sei bravissimo nel trasmetterci le sensazioni che provi.Sento anche la tua umanità ed umiltà nell’avvicinarti a queste civiltà semplici e meravigliose. Complimenti!!